un log di viaggio

La Teoria del Rullino Fotografico

Penso di essere un soggetto con spiccata e lodevole iniziativa nel fare quello che, solo due-tre giorni prima, non avrei nemmeno considerato di intraprendere nella mia vita; l’aver partecipato in tenera età ad un campo estivo rientra tra queste casistiche.

Io sono schiavo di una totale inettitudine per la vita da campo, so montare una tenda in poco tempo, so forse forse contenere un fuoco, so incidere il legno, ma sopravviverei circa mezza giornata nella wild mountain, questo è certo.
Dicevo, con questo spirito di avventura che mi caratterizza, partecipai con rinnovato entusiasmo a questo campo; oltre alle improbabili docce in un fiume gelato, agli improponibili pasti a base di fuliggine e alle indimenticate notti passate in una tenda posta in pendenza, ho un ricordo molto forte di un particolare che esula dal contesto “avventuroso”.
Eravamo tutti piccoli, bambini, a memoria vi parlo di circa 16 anni fa e ci trovavamo disposti in cerchio in una radura completamente contornata da pini altissimi; uno dei capi prese la parola e ci fece un discorso molto lungo, ora le parole esatte sono nella mia testa più nebbiose di una mattinata invernale padana ma ricordo molto bene il concetto chiave:
“Il nostro cervello è la più bella e complicata macchina fotografica esistente.”
Ricordo quindi lo sguardo comune dei miei amici accanto a me, abbastanza sorpreso quanto incredulo; vedendo la perplessità fissa nei nostri volti il capo continuò il discorso lanciando una sorta di sfida:
“fissate per 30 secondi un punto nel panorama e pensate intensamente a cosa vi fa provare, poi chiudete gli occhi continuando a pensarci, riapriteli solo quando siete sicuri che la cosa è diventata vostra”.
Quel giorno guardai la punta di 3 pini, erano i più alti, quello al centro era maestoso e gli altri due leggermente più bassi, il cielo era azzurrino tenue e i tronchi si confondevano con la foresta posta dietro, l’erba verde intenso e la sensazione percepita era quella di un fresco tepore (si, “fresco-tepore”… già da piccolo vendevo ossimori).
Ad oggi, riguardando il tutto, mi rendo ovviamente conto di non aver compiuto una magia fissando mentalmente un momento che ricordo a distanza di 16 anni, il tutto nasce e si ricostruisce probabilmente attorno al ricordo del contesto ma, dentro di me, in quel giorno ho scattato una foto col cervello e la ricordo come se fosse vera, materiale.
…chissà quante pose prevede il nostro rullino.

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